Aree di intervento specialistico

 

Lo staff clinico dell'ITFV è composto da figure professionali (psichiatra, neuropsichiatra infantile, psicologo, assistente sociale, logopedista) che hanno maturato esperienze in differenti ambiti del disagio e delle problematiche individuali e familiari dell'infanzia e adolescenza, dell'adozione e affido, delle difficoltà proprie dell'ambito scolastico, delle alterazioni delle condotte alimentari e dei differenti disturbi psichiatrici, della sessualità, delle differenti dipendenze e delle problematiche connesse all'oncologia, alle situazioni traumatiche, alle disabilità e alle nuove configurazioni familiari. Nel corso degli anni si sono inoltre costituiti dei gruppi di lavoro che hanno approfondito alcune aree di intervento e strutturato dei percorsi clinici integrati e specifici.

L'ITFV si è dotato di un Servizio clinico per bambini e adolescenti. Referente dell'area: dott. Giovanni Consolaro.

Il Servizio è composto da un'equipe multidisciplinare di professionisti con un'esperienza specifica sulle problematiche dell'età evolutiva e dell'adolescenza. Elemento centrale che contraddistingue il nostro operare è l'attenzione alle relazioni familiari ed al coinvolgimento della famiglia, come presupposto indispensabile per una buona alleanza di lavoro e per il trattamento.

Riteniamo essenziale considerare nella genesi di un disturbo l'importanza degli aspetti biologici, temperamentali, le modalità del funzionamento psichico e  neuropsicologico della persona, oltre che delle relazioni familiari e del suo contesto di vita.

Dal 2012 il nostro Istituto ha sviluppato un’intensa collaborazione con il CEAT (Centro Europeo per l’Assessment Terapeutico), organismo interno all’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli- Università Cattolica di Milano, che ha permesso alla nostra equipe clinica per l’età evolutiva di integrare le proprie modalità operative con l’Assessment Terapeutico Collaborativo. secondo il modello del Ph. D. Stephen E. Finn, uno tra i massimi clinici e ricercatori della Society for Personality Assessment (SPA) e fondatore ad Austin, Texas, del Center for Therapeutic Assessment. 

Servizio clinico per bambini 

Il Servizio clinico per bambini si propone di rispondere sia a richieste riguardanti disagi connessi ai naturali processi di crescita, sia di trattare situazioni più problematiche e con sintomatologia più severa, ascoltando le preoccupazioni dei genitori e traducendole in domande alle quali dare risposta attraverso il processo della consultazione; esempi:

  • cosa rende nostro figlio/a così nervoso, chiuso, arrabbiato ?
  • nostro figlio/a ha delle paure, come possiamo aiutarlo ad affrontarle?
  • nostro figlio/a non vuole più andare a scuola. Che fare?
  • nostro figlio ha ricevuto una diagnosi di disturbo dell’attenzione/iperattività/disturbo del comportamento/disturbo di apprendimento ... come possiamo affrontare correttamente il problema?
  • il nostro bambino fa giochi ripetitivi e ha dei rituali. Mi devo preoccupare?
  • il nostro bambino alla scuola materna non riesce a giocare con gli altri bambini  e tende ad isolarsi, come posso aiutarlo?                                            
  • nostro figlio/a lamenta spesso mal di testa o mal di  pancia. Come capire se sono dolori “veri”?
  • mio figlio/a non riesce a concentrarsi sui compiti, è tanto lento a scuola. Da cosa dipende? Come aiutarlo?
  • perché ha della reazioni di rabbia così intense e difficili da contenere?
  • nostro figlio è stato vittima di bullismo. In che modo possiamo affrontare questa situazione?
  • abbiamo deciso di separarci; qual è il modo più corretto per comunicarlo ai nostri figli. A quali cose dobbiamo stare più attenti?
  • abbiamo avuto un grave lutto/è accaduto un evento molto traumatico, come dobbiamo comportarci con nostro figlio.
  • abbiamo adottato un figlio. A quali cose dobbiamo dare particolare attenzione?
  • abbiamo un figlio disabile, vorremmo capire come affrontare la questione con gli altri figli!

È possibile anche accogliere richieste di consulenza da parte degli insegnanti su difficoltà specifiche che possono incontrare nella relazione col singolo alunno o nella gestione del gruppo classe o rispetto a specifici temi o problematiche.

I genitori possono contattare i referenti di sede per un primo colloquio:

  • Dr.ssa Roberta Bertoldo –  per la sede di Torri di Quartesolo (VI)   tel. 3490877348 - mail: bertoldoroberta@libero.it
  • Dr. Carlo  Vetere - per la sede di Marcon (VE)   tel. 3483161201 - mail: carlovetere71@gmail.com
  • Dr.ssa Alda De Marchi –  per la sede di Treviso  tel. 3400514480 – mail: aldademarchi@gmail.com

Durante il primo contatto telefonico, in base alle caratteristiche della richiesta, viene concordato un primo appuntamento solitamente con i soli genitori, nel corso del quale si valuta l’opportunità di intraprendere un processo di consulenza e di valutazione diagnostica che prevede alcuni incontri con la famiglia e con il bambino.

In questa fase, una metodologia che si è dimostrata particolarmente efficace per una lettura più accurata delle difficoltà segnalate dalla famiglia  è quella dell’Assessment Terapeutico Collaborativo in quanto, attraverso l’uso di adatti strumenti osservativi e testistici, facilita il coinvolgimento diretto dei genitori nel processo di valutazione. La presenza dei genitori rende più efficace il processo di cambiamento già in fase di consultazione.

Al termine di questa fase è previsto un incontro di restituzione che, in base alle risultanze emerse, può essere conclusivo oppure portare, se necessario, ad una indicazione di trattamento successivo.

Nel caso si concordi l’utilità di ulteriori interventi, presso il nostro Istituto sono possibili diversi percorsi terapeutici:

  •     interventi di sostegno alla genitorialità
  •     terapia familiare
  •     terapie individuali e di gruppo
  •     training autoregolativi individuali e di gruppo (disturbi dell’attenzione e del comportamento)
  •     terapia riabilitativa nei disturbi dell’apprendimento
  •     terapia di disturbi conseguenti al trauma con tecniche EMDR

Nell’intervento  terapeutico  riteniamo utile, quando necessario e sempre in accordo con la famiglia,  costruire una rete con la scuola, il pediatra e le diverse agenzie educative presenti nella vita del bambino.

Il Servizio Clinico per l’Età Evolutiva è coordinato dal Dr. Giovanni Consolaro, Neuropsichiatra Infantile e Psicoterapeuta.

Tutti i  membri dello Staff Clinico dell’ ITVF collaborano all’attività del Servizio, mentre le equipe operative sono costituite da:

  • Dr. Giovanni Consolaro, Neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta
  • Dr.ssa Roberta Bertoldo, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr.ssa Alda De Marchi, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr.ssa Elvira Georgopoulos, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr. Leopoldo Magliaretta, psicologo e psicoterapeuta
  • Dr.ssa Elena Pelizzato, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr. Carlo Vetere, psicologo e psicoterapeuta

Collaborano inoltre all’attività clinica

  • Dr.ssa Michela Carlan, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr.ssa Paola De Molo, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr.ssa Silvia Gasparotto, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr. Andrea Maddalena, psicologo e psicoterapeuta
  • Dr.ssa Chiara Mattucci, psicologa e psicoterapeuta

 

Servizio clinico per adolescenti 

Il Servizio clinico per adolescenti si propone di accogliere le richieste di famiglie con adolescenti in difficoltà e può affrontare sia situazioni di disagio connesse alla crescita, sia disturbi o patologie più severe (disturbi del comportamento alimentare, dipendenze patologiche, esordi psicotici, ecc.)

I genitori spesso colgono e si preoccupano per improvvisi cambiamenti di carattere, per comportamenti  incomprensibili e imprevedibili, per visibili alterazioni nel tono del’umore.

Esempi di domande e situazioni alle quali possiamo rispondere.

Cosa possiamo fare se:

  •     nostro figlio si chiude in camera con tablet e telefono e non ci parla per giorni;
  •     scopro che nostra figlia si procura delle lesioni di vario genere;
  •     nostro figlio non vuole più andare a scuola e si è ritirato in casa;
  •     a volte temo che nostro figlio pensi alla morte come ad una possibile soluzione dei suoi  problemi;
  •     quando nostro figlio riceve un “no” da noi, le discussioni sono tremende e ha reazioni di rabbia molto intense;
  •     quando nostro figlio riceve un “no” da noi, fa comunque ciò che vuole e noi non sappiamo che fare;
  •     nostro figlio vive la scuola e gli impegni con molta ansia e spesso non riesce ad addormentarsi la sera;
  •     nostra figlia è ossessionata dalla perfezione e ha dei rituali dei quali non vuole assolutamente parlare;
  •     nostra figlia è sempre insoddisfatta del suo corpo e si trova difetti ovunque;
  •     nostra figlia è continuamente preoccupata di ciò che mangia e spesso vomita.

I genitori possono contattare i referenti di sede per un primo colloquio:

  • Dr.ssa Roberta Bertoldo –  per la sede di Torri di Quartesolo (VI)   tel. 3490877348 - mail: bertoldoroberta@libero.it
  • Dr. Carlo  Vetere - per la sede di Marcon (VE)   tel. 3483161201 - mail: carlovetere71@gmail.com
  • Dr.ssa Alda De Marchi –  per la sede di Treviso  tel. 3400514480 – mail: aldademarchi@gmail.com

Durante il primo contatto telefonico, in base alle caratteristiche della richiesta, viene concordato un primo appuntamento solitamente con i genitori e l’adolescente, nel corso del  quale si valuta l’opportunità di intraprendere un  percorso di consulenza e di valutazione diagnostica.

Durante i colloqui si ricostruiscono la storia personale e familiare. Può risultare utile integrare il nostro approccio familiare con altre metodologie di intervento compreso l’Assessment Terapeutico Collaborativo.

Questa fase di consulenza diagnostica iniziale può di per sé assumere una valenza terapeutica in grado di produrre una migliore comprensione di quanto accade e di promuovere sufficienti mutamenti significativi; può essere invece il presupposto di interventi terapeutici più prolungati, qualora se ne riconosca la necessità e questa venga condivisa dall’adolescente e dalla famiglia.

Nel caso si concordi l’utilità di proseguire l’intervento, presso il nostro Istituto sono possibili diversi percorsi terapeutici che possono comprendere:

  •  terapia familiare;
  •  terapie individuali e di gruppo;
  •  training autoregolativi individuali e di gruppo  (disturbo dell’attenzione e del comportamento);
  •  terapia di disturbi conseguenti al trauma con tecniche EMDR.

Il Servizio Clinico per adolescenti è coordinato dal Dr. Giovanni Consolaro,  Neuropsichiatra Infantile e Psicoterapeuta.

Tutti i  membri dello Staff Clinico dell’ ITVF collaborano all’attività del Servizio, mentre le equipe operative sono costituite da:

Dr. Giovanni Consolaro, Neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta

  • Dr.ssa Roberta Bertoldo, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr.ssa Alda De Marchi, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr.ssaElvira Georgopoulos, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr. Leopoldo Magliaretta, psicologo e psicoterapeuta
  • Dr.ssa Elena Pelizzato, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr. Carlo Vetere, psicologo e psicoterapeuta

Collaborano inoltre all’attività clinica

  • Dr.ssa Michela Carlan, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr.ssa Paola De Molo, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr.ssa Silvia Gasparotto, psicologa e psicoterapeuta
  • Dr. Andrea Maddalena, psicologo e psicoterapeuta
  • Dr.ssa Chiara Mattucci, psicologa e psicoterapeuta

L’ Istituto Veneto di Terapia Familiare opera sul territorio dal 1988. Da molti anni collabora con differenti Istituzioni Scolastiche con finalità formative e cliniche. Da questa esperienza sono nati dei progetti rivolti agli Istituti Scolastici con l’obiettivo di promuovere la salute e il benessere psicofisico di studenti, docenti, dirigenti, personale CIC ed educativo che opera nell’ambito scolastico. Referente dell'area dott. Luciano Tonellato.

Nell’approccio sistemico relazionale: il benessere e la sofferenza delle persone dipendono da come i sistemi familiare, scolastico e sociale sono in connessione tra loro. La rete di rapporti scuola-famiglia rappresenta un fattore essenziale di crescita e di arricchimento per alunni, genitori e insegnanti.

Formazione insegnanti

  • prevenzione del disagio scolastico;
  • strategie di lettura e d'intervento sulle problematiche rilevate;
  • approfondimento delle dinamiche insegnante - alunni.

Incontri per genitori

  • comprensione del processo di crescita dei propri figli;
  • comprensione di eventuali difficoltà che le famiglie incontrano durante le diverse fasi di crescita dei loro figli;
  • informazione, condivisione e discussione.

Interventi nelle classi

  • osservazione delle dinamiche di gruppo, al fine di attivare dei processi di cambiamento e miglioramento della qualità delle relazioni sulla base delle esigenze specifiche rilevate dagli insegnanti.

Assessment collaborativo

  • é un metodo di intervento psicologico breve. Vengono somministrati dei test utili non solo alla diagnosi, ma anche alla comprensione delle difficoltà emotive, relazionali e comportamentali degli allievi, premessa fondamentale per un intervento collaborativo scuola - famiglia.

Consulenza psicologica e psicoterapia

  • uno spazio di confronto e di crescita individuale e familiare. Al disagio espresso viene dato un significato relazionale e la famiglia viene aiutata attraverso un percorso condiviso di rilancio delle risorse.


L’Istituto Scolastico può attivare l’intervento che, tra quelli proposti, risponde meglio alle esigenze specifiche.

Contatti e informazioni:
Sede operativa e segreteria della Sezione scuola-famiglia ITFV
c/o Studio di Psicologia e Psicoterapia
Piazzale Pistoia, 8 int. 27
31100 Treviso
Tel: 3497336773
E-mail: sezionescuolaitfv@gmail.com

Sede Legale e amministrativa
Istituto Veneto di Terapia Familiare
Via della Quercia, 2/b
31100 Treviso

Sempre più spesso nella nostra pratica clinica incontriamo famiglie adottive in gravi difficoltà durante la fase adolescenziale dei figli; spesso problemi scolastici, comportamenti devianti e/o di chiusura, se non lo sviluppo di veri e propri sintomi producono un livello talmente alto di sofferenza di tutto il nucleo che porta la famiglia in terapia.

Referente dell'area dott. Carlo Vetere.


Brevi cenni storici
La pratica dell'adozione ha origine molto antiche, presso gli antichi romani si potevano adottare anche gli adulti. Nell'antichità aveva la funzione di garantire al genitore adottivo di poter trasmettere il proprio patrimonio. In epoche moderne il fine dell'adozione è transitato progressivamente da questo registro economico-paterno ad un registro affettivo-materno centrato sul bambino e sulla funzione riparativa che i genitori adottivi possono e devono svolgere. Il tema della trasmissione intergenerazionale, in termini valoriali e di legame, è diventato via via sempre più centrale per l'adozione, assimilandosi in questo alla famiglia biologica. Progressivamente l'adozione è diventato un fenomeno sempre più diffuso, e il vissuto di vergogna e colpa che spesso macchiava i genitori sterili, si è progressivamente trasformato nella valorizzazione di un gesto “salvifico” a favore di bambini bisognosi. In tempi più recenti l'adozione è sì diventata un diritto per tutti, ma ha anche ha comportato una sottovalutazione della complessità dell'adozione. Dopo una lunga fase del “fai da te”, si è riusciti ad affiancare al concetto di diritto, quello di responsabilità e capacità degli adulti, dando vita all'istituzione di enti preposti a garantire la regolarità dell'adozione nonché l'adeguata preparazione delle coppie di aspiranti genitori.


Adozione: una scelta complessa
Nonostante questo grande lavoro per garantire tutti i soggetti coinvolti nell'adozione, il processo adottivo è complesso e non scevro di problematiche importanti, in quanto:

  • l'adozione è una forma altamente complessa di intervento sociale ed una forma assai diversa di vita familiare;
  • i problemi clinici individuati tra i bambini adottati e le loro famiglie sono di natura assai complessa e seria;
  • l'adozione non è un problema, ma una condizione che dura tutta la vita ed i cui effetti si riattivano in ogni fase di passaggio della vita individuale e familiare.

Proprio per questo noi non ci occupiamo del bambino adottivo, ma della famiglia adottiva. Noi pensiamo che sia assolutamente insufficiente e rischiosa una visione riduzionistica e semplicistica che riconduca tutto ciò che accade ai traumi che il bambino può avere subito prima dell'arrivo nella nuova famiglia.

Dalla consapevolezza alla condivisione e alla co-costruzione
L'adozione è un incontro; ed è l'incontro tra un bambino con dei limiti e con delle risorse e dei genitori che a loro volta hanno loro limiti e risorse. Allora quello di cui noi ci dobbiamo occupare è di come avviene questo incontro, di come la famiglia si cura e può attivare le risorse senza mettere in atto meccanismi difensivi, ma anche di quanto questo incontro possa mettere in risalto, amplificare o far riemergere i limiti e le problematiche irrisolte pregresse degli individui e della coppia oltre che del bambino. L'ulteriore difficoltà nel lavoro con la famiglia adottiva è andare a distinguere, in una sorta di diagnosi differenziale, ciò che è specifico e legato al processo evolutivo e ciò che invece legato alle tematiche adottive, in quanto spesso questi fili sono annodati uno all'altro in maniera così forte e complessa che non è facile distinguerli. Questa operazione è poi di fondamentale importanza per evitare un'altra polarizzazione pericolosa: il rischio che la famiglia riconduca qualsiasi problema del bambino all'adozione e alla sua vita precedente, o all'opposto che neghi l'influenza di quanto accaduto prima dell'ingresso in famiglia con i problemi che il bambino vive nel presente.
Questo percorso di consapevolezza che l'adozione è una sfida basata sull'integrazione tra il prima e il dopo e non sulla scelta se sia meglio il prima o il dopo, è fondamentale per i genitori per aiutarli a legittimarsi ad essere genitori di quel figlio che viene da altrove ma che è proprio; solo così potranno aiutare i propri figli a diventare effettivamente membri della nuova famiglia e a valorizzarla smarcandosi da sentimenti di risentimento e rimuginamento sull'abbandono o all'opposto di rifiuto a trattare il dolore dell'abbandono. Le nostre equipe possono successivamente anche decidere percorsi clinici che prevedano sia una presa in carico individuale che per sottosistemi ma secondo una logica di pensiero che segue quanto sopra delineato.

Le tematiche principali
Il lavoro clinico che mira a favorire la costruzione il mantenimento della relazione tra il bambino e i nuovi genitori, nonché di sostenere e accompagnare la famiglia adottiva passa attraverso l'affrontare alcune tematiche che spesso riscontriamo anche se si declinano e manifestano in ognuna con rilevanza e modulazioni diverse:

  • il passaggio dall'infertilità alla scelta adottiva;
  • il confronto tra il bambino ideale e il bambino reale;
  • il processo di familiarizzazione del bambino e di attaccamento ai genitori;
  • la comprensione degli elementi peculiari dell'adozione (età, differenza etnica, ecc.);
  • le tematiche legate all'abbandono e alle storie difficili (cosa raccontare e cosa no);
  • le tematiche legate al desiderio/paura di ricongiungimento con i genitori biologici (minaccia o risorsa? E' possibile una doppia appartenenza?);
  • le tematiche legate al dolore della separazione e della perdita;
  • le tematiche legate ai possibili legami rimasti nel paese di origine (fratelli, zii, nonni);
  • le tematiche legate allo svincolo e la paura di rimanere di nuovo soli (di genitori e figli);
  • le tematiche legate al tema della ricerca delle origini.

È fondamentale che i genitori riescano a riflettere sulla natura del fare ed essere famiglia adottiva, cogliendone le specificità rispetto alla famiglia biologica per ricercare quelle organizzazioni di senso e di pratiche attraverso le quali viene inserito un membro di un'altra stirpe (V. Cigoli).

Linee guida
Sulla base della richiesta e delle caratteristiche del problema presentato possono svolgersi incontri di consulenza con i genitori oppure potrà ritenersi utile avviare un percorso di valutazione con alcuni incontri (in media 3-4) che prevedono la presenza del bambino o del ragazzo. Anche la famiglia viene in genere coinvolta nel processo osservativo. In tale percorso può rivelarsi opportuna la partecipazione di diverse figure professionali (neuropsichiatra infantile, psicologo, logopedista) al fine di completare la valutazione con adeguati approfondimenti (ad esempio a livello psicodiagnostico, linguistico, cognitivo, dell'apprendimento, ecc.). Gli elementi emersi verranno poi discussi in un incontro di sintesi e restituzione, dove potranno eventualmente essere indicati successivi interventi terapeutici, da effettuare presso il nostro Servizio o altre strutture consigliate. In generale la predisposizione di un progetto terapeutico viene effettuata in una ottica di rete e quindi, laddove fosse utile, in collaborazione anche con la struttura scolastica e/o avvalendosi anche dell'integrazione con altre realtà di tipo educativo o sociale.

Modalità operative
Per quanto riguarda l'adozione, l'Istituto Veneto di Terapia Familiare fornisce un intervento basato sul modello del case-management, in cui il terapeuta che ha in carico la famiglia, individua e coordina la rete degli interventi che nel corso del processo di cura si concorderanno con la famiglia. Questo permette di avere una molteplicità di strumenti e una ricchezza di interventi che un solo professionista non è in grado di possedere, ma al contempo permette di fare interventi costruiti tutti coerentemente secondo una logica condivisa e sinergica di lavoro. Il vantaggio è di evitare alla famiglia di parcellizzare le cure e cadere nel disorientamento dovuto a troppi, e spesso contrapposti, interventi. In particolare per la prima fase di valutazione si propone un ciclo di valutazione così configurato:

Famiglia con Bambini

  1. un incontro con la coppia genitoriale;
  2. un incontro con la famiglia (disegno congiunto, interazione di gioco, ecc.);
  3. un incontro con il bambino;
  4. un incontro con la coppia genitoriale per restituzione e costruzione progetto terapeutico.

Famiglia con Adolescenti

  1. un incontro con la coppia genitoriale (Analisi in particolare sulle specificità legate alla storia adottiva);
  2. un incontro familiare;
  3. un incontro individuale adolescente;
  4. un incontro familiare restituzione e costruzione progetto terapeutico.

Referente dell'area dott.ssa Silvia Ursoleo.

A partire dal dopoguerra la sessuologia ha ottenuto uno statuto autonomo e si è sviluppata rapidamente grazie a ricerche come quelle compiute da Master e Johnson, Kinsey e la Kaplan. Si è giunti al riconoscimento da parte dell’OMS del concetto di salute sessuale intesa come "uno stato di benessere fisico, emotivo, mentale e sociale legato alla sessualità; non riducibile all'assenza di malattia, disfunzione o infermità”. Oggi la sessuologia è una scienza che si fonda sul rispetto e la conoscenza di tutte le componenti che la costituiscono. La sessualità umana e la salute sessuale, infatti, hanno a che fare con un’area somatopsicosociale molto vasta, di cui spesso è difficile conoscere e riconoscere tutti gli aspetti. Questo pone il problema del sapere e dei “saperi” sessuali: spesso, infatti, ci troviamo di fronte a una sessuologia medica, appannaggio di ginecologi, andrologi, endocrinologi, oppure ad una sessuologia vista come come esperienza soprattutto psicologica. Nonostante l’obiettivo della sessuologia sia quello di essere riconosciuta come disciplina autonoma, manca una teoria universalmente accettata e le competenze necessarie per rispondere ai differenti livelli di problemi implicati sono troppo diversificate per poter essere racchiuse in un'unica figura professionale. Nel contempo è importante che il sessuologo possegga le conoscenze per orientarsi nelle differenti aree di indagine o per la comprensione del problema che il cliente presenta. Ciò pone la questione della valutazione diagnostica e del trattamento ritenuto più adeguato cercando di evitare una frammentazione di interventi di differenti professionisti, ma garantendo coerenza, congruità ed integrazione degli approfondimenti o delle pratiche ritenute necessarie. Per parlare di sessualità è necessario tenere presente molti livelli: lo sviluppo psico-affettivo e la corporeità, lungo tutto l’arco della vita; gli aspetti della differenza – psicologica, fisiologica, anatomica – del maschile e del femminile; la conoscenza della patologia e delle disfunzioni sessuali; le tematiche relative alla contraccezione, alle malattie sessualmente trasmesse, alla procreazione; i temi relativi all’identità di genere; gli aspetti dell’orientamento sessuale; la legislazione, gli aspetti sociali e le influenze culturali, etiche e religiose; gli aspetti relazionali; l’immaginario.

La sessuologia e l’approccio relazionale. È sempre più evidente quanto sia difficile non occuparsi degli aspetti relazionali quando si affrontano temi sessuologici, della più diversa natura. Una lettura relazionale delle tematiche sessuologiche, infatti, arricchisce e amplia il campo di comprensione e di intervento, che si tratti di individui o di coppie. Negli ultimi anni già D. Schnarch e U. Clement hanno proposto una teorizzazione e un intervento che integrino alcuni strumenti propri della terapia sessuale e della terapia sistemico-relazionale, soprattutto per quel che riguarda le patologie del desiderio, che risultano le più complesse da trattare ma anche quelle che sempre più di frequente ritroviamo nella pratica clinica. Il terapeuta relazionale formato alla sessuologia, può sfruttare positivamente l’epistemologia in cui è immerso, per intervenire secondo un ottica circolare su tutte quelle condizioni che non consentono la realizzazione e il mantenimento della salute sessuale, operando sia in senso preventivo (educazione sessuale, contraccezione, profilassi MST), che terapeutico (consulenza e terapia sessuale), che riabilitativo (sequele conseguenti a infarto, mastectomia, traumi spinali, diabete etc). La conoscenza delle dinamiche di coppia e dei processi interattivi, relazionali e simbolici della stessa, può dare un valore aggiunto molto forte alla conoscenza delle tematiche di approccio sessuologico, potenziando gli strumenti di lettura della domanda, comprensione del sintomo e/o del disagio, della consulenza e quelli propri della terapia mansionale. Il lavoro psicoterapico sulla sessualità si pone così come evento esperienziale capace di coinvolgere il sentire, il pensare e l’agire e quindi anche le cause che la sostengono, di cui l’aspetto relazionale risulta necessario e significante.

La sezione di sessuologia dell'ITFV

  1. Area clinica: l’area clinica della sezione si occupa di tutte le tematiche sessuologiche che riguardano individui, coppie e famiglie integrando l’approccio sessuologico con la psicoterapia relazionale. In particolare offre: Consulenza, diagnosi e terapia delle disfunzioni sessuali maschili, femminili e di coppia (deficit erettile, eiaculazione precoce, vaginismo, dispareunia, anorgasmia, disturbi del desiderio); Percorsi di sostegno in caso di infertilità; Percorsi di sostegno alla procreazione medicalmente assistita; Psicoterapia per coppie omosessuali; Percorsi di sostegno per genitori omosessuali; Psicoterapia per i disturbi di identità di genere; Trattamento psicoterapico per pazienti che hanno subito interventi chirurgici che necessitano di una riorganizzazione sul piano della sessualità (prostatectomia, isterectomia, mastectomia).
  2. Area di informazione, educazione e prevenzione primaria: si propone di strutturare interventi per la diffusione, la sensibilizzazione e la conoscenza delle tematiche sessuologiche. In particolare offre: Interventi di educazione sessuale presso scuole, comunità, associazioni; Incontri con insegnanti, educatori, operatori sui temi della sessualità.
  3. Area formativa per gli allievi dell’Istituto, professionisti del settore e per operatori dei servizi: si organizzano incontri su tematiche di approfondimento specifiche.

Referente dell'area dott. Marcellino Vetere.

In poco più di mezzo secolo sono variati i sistemi di produzione della ricchezza, le forme organizzative con cui le famiglie vi provvedono e, di conseguenza i loro stili di vita. Le famiglie ricomposte sembrano rappresentare una metafora delle società multietniche nelle quali viviamo e presentano le stesse difficoltà di integrare le differenze culturali e le appartenenze multiple. La stessa idea di coppia nel tempo è cambiata: dall'essere il fondamento della cellula sociale rappresentata dalla famiglia, ha assunto progressivamente la funzione di enzima catalizzatore della crescita individuale. Così le famiglie si costituiscono e si disgregano in tempi sempre più ristretti. Sempre più spesso a richiedere un aiuto psicologico sono coppie ricostituite, coppie miste, coppie omosessuali ecc... Il trattamento clinico di queste nuove forme di coppie e famiglie richiede una rivisitazione critica dei miti classici della terapia familiare ed una ricalibrazione costante della metodologia di lavoro che richiede al professionista di saper attingere all’approccio psicoeducazionale ed alla mediazione familiare.

In una ricerca condotta presso la Cattolica di Milano (Accordini 2010), è stato sottoposto ad un campione di 130 clinici italiani e di 50 terapeuti americani un questionario che mirava ad indagare le differenze tra Italia e Stati Uniti per quanto riguarda le rappresentazioni e le azioni terapeutiche adottate dai clinici nel trattamento delle famiglie ricomposte.

Alcuni risultati di questa ricerca hanno evidenziato che mentre la maggioranza (97.8%) dei terapeuti americani ha affermato di aver ricevuto una formazione specifica al trattamento delle famiglie ricomposte tra i terapeuti italiani solo il 29.6% ha dichiarato di aver fatto altrettanto. Inoltre, mentre i terapeuti italiani restano “ancorati” ad una definizione “classica” di famiglia, collocando le problematiche più frequenti a livello del rapporto tra gli ex coniugi, gli americani si focalizzano maggiormente sulle questioni legate alla genitorialità acquisita, identificando, come problema più frequentemente riportato in terapia, il rapporto tra genitore acquisito e figli. I clinici italiani, dunque, sembrano maggiormente concentrati sull’analisi dei rapporti tra i membri che componevano la famiglia nucleare mentre i genitori acquisiti, che costituiscono invece il “proprium” della ricomposizione famigliare, rimangono sullo sfondo.

Il gruppo di studio sulle nuove forme di famiglia, nel corso di questi anni, ha elaborato metodologie di lavoro specifiche: un percorso per fasi quando una famiglia ricomposta si presenta per una crisi di coppia, un percorso per fasi con tutti i sottosistemi quando, invece, una famiglia ricomposta si presenta per il problema di un figlio.

Il nostro Istituto attribuendo particolare importanza a questa specifica tipologia di famiglia organizza una giornata di studio annuale alternando un anno l’approfondimento della metodologia nelle crisi di coppia ed un anno l’approfondimento della metodologia per problemi di minori.

Referente dell'area dott. Luciano Tonellato.

Per ambito psicogiuridico si intende quella delicata area intermedia che si colloca tra contesto psico-giuridico e contesto psicoterapeutico.

Coinvolge operatori dell’area giuridica, legale, medica, pedagogica, psicologica, sociale.

Si rivolge a tutte quelle persone che, direttamente o indirettamente, stanno affrontando gli eventi ed i sentimenti, ad essi associati, legati alla separazione e divorzio.

Negli anni abbiamo registrato un incremento significativo delle richieste d’aiuto da parte di coppie e/o persone che stanno affrontando le difficoltà derivanti dal profondo disagio prodotto dall’instabilità e dall’insicurezza collegate ai significativi cambiamenti che riguardano l’idea di famiglia e di coppia.  Cambiamenti che mettono spesso in discussione la crescita e la realizzazione degli individui stessi che sono alla base della coppia e della famiglia.

Via via abbiamo consolidato la convinzione della necessità e dell’importanza di creare spazi di confronto tra addetti ai lavori sia del campo psicologico-sociale che di quello giuridico-legale, allo scopo di ricercare i significati dei mutamenti in atto e per indicare possibili risposte all’interno di una coerenza scientifica e di una serietà professionale che vanno ben oltre i dettami deontologici.

Allo scopo l’Istituto ha organizzato seminari, congressi, tavole rotonde, dibattiti con la cittadinanza.

Alcune riflessioni di natura teorica inerenti la costruzione della coppia e della gestione della possibile crisi

Sinteticamente, per meglio comprendere cosa accade nell’incontro tra individui che poi daranno vita ad una relazione di coppia, dobbiamo partire da un pensiero semplice e complesso nello stesso tempo: la coppia, e successivamente la famiglia, è il luogo privilegiato dove si trattano le differenze. Ci riferiamo a quelle che provengono dai modelli familiari ricevuti, delle esperienze di vita vissute, dai percorsi personali di crescita, da eventuali elementi di difficoltà incontrati ai vari livelli; tutto ciò consente ai figli di cercare autonomamente le giuste integrazioni.

Un compito fondamentale nel passaggio dalla coppia alla famiglia è quello che implica che i due partner riescano a tradurre attraverso le scelte quotidiane il mandato di trasmettere alle generazioni successive ciò che di buono hanno ricevuto da quelle precedenti. La coppia, in estrema sintesi, rappresenta quindi il luogo del passaggio generazionale, per realizzare il quale occorre aver integrato nella relazione ciò che ognuno ha portato in “dote” dalla propria famiglia d’origine.

L’obiettivo, di conseguenza, è quello di costruire attraverso la relazione di coppia, nello scambio con l’altro, nuovi modelli relazionali che siano il frutto di una rielaborazione di quelli trasmessi dalle stirpi di appartenenza attraverso i rispettivi genitori.

Spesso, però, tale processo evolutivo non si realizza, quantomeno a pieno, come accade quando la coppia si adagia (o a volte si blocca) su una riedizione di modelli ricevuti, oppure quando si lascia trasportare da un più o meno consapevole bisogno di contrapposizione.

Due persone, al momento di costruire una relazione di coppia, si trovano impegnati in un complesso percorso che dovrà consentire il raggiungimento di un duplice obiettivo ovvero quello della crescita personale e quello di rendere sempre più solida ed intensa la neonata relazione di coppia. Pertanto i singoli individui rappresenteranno costantemente una opportunità di crescita per la coppia e nello stesso tempo quest’ultima sarà la base sicura per la contemporanea crescita delle singole persone.

Riteniamo che quanti lavorano in questo ambito non possano non condividere che uno degli obiettivi più importanti nella crescita di ogni persona sia quello di raggiungere, nel corso della propria vita, sempre maggiori livelli di differenziazione e di separazione. Tale processo evolutivo potrà considerarsi concluso allorché la generazione dei figli sarà stata in grado di colmare la distanza generazionale verso i propri genitori e soprattutto di imparare a conoscere l’uomo e la donna che stanno dietro i ruoli parentali.   

I possibili interventi clinici nel caso di una crisi di coppia che potrebbe esitare o meno in una separazione

a) Psicoterapia di coppia. Trova indicazione quando la coppia sta affrontando una crisi importante, ma non ha ancora elaborato una decisione finale. Ha la finalità di ripercorrere le tappe della loro storia a partire dalla fase di innamoramento fino a cogliere gli elementi che hanno prodotto la crisi. Nel caso siano nati dei figli, diventa importante cogliere come si sono intrecciate la coniugalità e la genitorialità. L’obiettivo è quello di comprendere cosa della relazione di coppia ha funzionato positivamente e cosa, invece, ha prodotto un livello significativo di sofferenza in uno o entrambi i partner. Evidentemente non è proponibile quando uno dei due ha già assunto una decisione ben definita, a meno che siamo in presenza di una coppia in grado di salvaguardare in modo consistente la genitorialità. In questo caso una psicoterapia di coppia può aiutare a rielaborare il passato, senza però che quanto emerge nei colloqui possa comportare una esacerbazione del conflitto. Tale percorso è utile a favorire un ulteriore processo di crescita individuale, a partire dell’esperienza condivisa in un arco significativo di tempo; come dire che serve ad elaborare la fine senza considerare questa come un fallimento, bensì come la conclusione di un’esperienza che ha avuto luci ed ombre e che va salvaguardata per ciò che ha prodotto di positivo. La frequenza è quindicinale, salvo diverso accordo, e va da un minimo di dieci ad un massimo di venti sedute perché si possa considerare un lavoro utile, ma non vi è alcun vincolo. Nel caso la coppia riesca a rilanciare la propria relazione, avendo superato ed elaborato i nodi critici, il percorso psicoterapico ha creato le condizioni per poter procedere autonomamente, avendo acquisito gli strumenti per affrontare con successo eventuali nuovi passaggi critici. Nel caso invece si giunga a condividere e ribadire la scelta di separarsi, gli incontri conclusivi verranno orientati a potenziare le capacita dei due genitori a traghettare la loro funzione genitoriale oltre la fine della coniugalità o della convivenza.

b) Consulenza di separazione e divorzio. È indicata quando la coppia ha preso atto della irreversibilità della scelta di chiudere definitivamente l’esperienza coniugale o di convivenza. È fondamentale che su tale presa d’atto ci sia una coincidenza di punti di vista da parte di entrambi i coniugi. La scelta di separarsi, in questi casi, nasce anche dalla consapevolezza della necessità di interrompere quel pericoloso circolo vizioso che, instauratosi nel tempo, finisce per bloccare tutto il sistema famiglia; l’obiettivo di porre fine alla relazione è pertanto quello di rimettere in gioco le risorse personali in modo evolutivo. La Consulenza ha come obiettivo quello di aiutare la coppia ad individuare le modalità genitoriali più idonee per affrontare la separazione. Il consulente mette a disposizione dei genitori il bagaglio di esperienze acquisite nell’aver incontrato numerose altre coppie in fase di separazione. La consulenza si snoda attraverso un numero limitato di incontri, in genere da 4 ad 8. I temi abitualmente affrontati sono: come, quando e cosa dire ai figli; come predisporre uno schema di gestione del rapporto con i figli; come comprendere e valutare il proprio disagio e quello dei figli nelle varie fasi della separazione, senza incorrere nell’errore di trasformare un disagio fisiologico in un sintomo da trattare; come informare altre figure familiari significative.

c) Mediazione familiare. Si configura come un percorso di aiuto alla famiglia prima, durante e dopo la separazione o il divorzio, con l’obiettivo di fornire agli ex-coniugi un contesto strutturato e protetto dove raggiungere accordi concreti e duraturi su alcune decisioni, come l’affidamento e l’educazione dei figli, i turni di responsabilità genitoriali, la gestione del tempo libero, la divisione dei beni. Il percorso sarà guidato da un professionista che, come terzo imparziale e con una formazione specifica, aiuta i due genitori ad elaborare gli accordi. Si colloca al di fuori del contesto giudiziario ed avviene nella garanzia del segreto professionale. L’intervento viene effettuato con entrambi i genitori e, quando il mediatore lo ritenga necessario, anche con i figli, riconoscendo il ruolo attivo che essi svolgono all’interno della dinamica familiare. Si articola in un numero limitato di incontri, in media 10-12, compresi gli eventuali follow-up. Il mediatore, nella fase della prima consultazione, dovrà verificare che, nonostante il conflitto, la coppia genitoriale appare in grado di tutelare la funzione genitoriale assumendosi precise responsabilità nella gestione dei figli; che entrambi sono in grado di elaborare il proprio dolore, riducendo al minimo il rischio di confonderlo con quello provato dai figli; e, infine, che non esiste una volontà di escludere l’altro genitore o di auto-escludersi dal rapporto con i figli. Condizione necessaria è che entrambi siano concordi sulla conclusione del rapporto coniugale. Esistono, però, delle situazioni nelle quali avviare un percorso di mediazione non solo non dà, in quel determinato momento, risultati positivi, ma anzi potrebbe addirittura risultare dannoso, in quanto, in seguito al fallimento del tentativo di mediazione, i due genitori finiscono per sentirsi rinforzati nel loro senso di impotenza e nell’idea della ineluttabilità del conflitto: inevitabile per loro pensare che nessuno li possa aiutare. In questi casi, se non è percorribile una mediazione familiare, sarà necessario valutare quali altre opportunità di aiuto è possibile offrire alla coppia.

d) Consulenza Tecnica d’Ufficio presso i Tribunali. Le persone che non riescono a trovare adeguata soluzione alla propria sofferenza, e ai conflitti che ne derivano, pur ricorrendo all’aiuto di psicoterapeuti di coppia, o di counsellor, o di mediatori familiari, spesso si rivolgono alla Giustizia per trasferire su di essa la responsabilità di individuare idonee risposte a quei problemi che da sole non sono riuscite a fronteggiare e che stanno da tempo vivendo in modo drammatico. L’Istituto da molti anni adotta una Consulenza Tecnica ad impronta sistemico relazionale che ha elaborato in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano. Tale approccio ha diverse finalità. Innanzitutto vuole rappresentare un ulteriore, a volte ultimo, tentativo di aiutare un sistema familiare profondamente lacerato e bloccato dentro conflitti devastanti. Rappresenta un'opportunità per i genitori di rimettere al centro del loro interesse la crescita dei figli e, in tal senso, di tutelare l’esercizio della co-genitorialità, evitando cosi che il conflitto finisca per escludere uno di essi. Si pone l’obiettivo di preservare le relazioni tra le stirpi, attraverso la salvaguardia delle relazioni con le famiglie d’origine. Consente l’analisi della presenza o meno di risorse e di possibili rischi o addirittura danni, relativa alla crescita mentale dei figli come persone. Offre un sostegno scientifico al Giudice nel suo lavoro di tutela dei legami familiari. L’Istituto da anni offre un percorso di formazione per acquisire le competenze necessarie a svolgere correttamente sia la funzione di Consulente Tecnico d’Ufficio, ma anche per assistere il singolo genitore nel ruolo di Consulente di Parte. Infine, con la collaborazione dell’Università Cattolica di Milano e di colleghi dell’Istituto di Terapia Familiare di Firenze, ha pubblicato un manuale per Consulenti.

Refente dell'area dott. Marcellino Vetere.

Psicologo, psicoterapeuta, psicomotricista, mediatore familiare, professore a c. Università Cattolica di Milano, socio fondatore dell’Istituto Veneto di Terapia Familiare e direttore della sede di Vicenza.

In molte situazioni in cui la famiglia con bambini si trova a vivere uno stato di disagio (vedi ad, es. le difficoltà che possono sorgere nel processo adottivo) così come nelle patologie psicosomatiche dell'infanzia e in molte delle patologie dell’adolescenza (anoressia, bulimia, tossicodipendenza ecc…) il corpo è oggetto di potenti attacchi autodistruttivi. 
In moltissimi casi, il disagio/sintomo è solo l'espressione esterna di una ferita proveniente dalle fasi precedenti del ciclo vitale e, talvolta addirittura, dalle generazioni precedenti. Se il corpo è stato la via che la psiche ha scelto per dire “l’indicibile”, il corpo può ben costituire sia uno strumento utile per effettuare una diagnosi che colga l’essenza della sofferenza, sia una via di accesso emotivamente forte per arrivare con efficacia al “cuore” del dolore da trattare.
La maggior parte degli approcci psicoterapici coerenti con la dicotomia corpo/mente ha sempre dato una grande importanza alla parola. Rispetto ad altri approcci, quello sistemico-relazionale fa un grande uso di strumenti analogici. Infatti, nella cassetta degli attrezzi dello psicoterapeuta sistemico-relazionale, agli strumenti verbali di diagnosi e cura (colloqui e interviste) che utilizzano quasi esclusivamente l' “udito” si sono aggiunti, nel tempo, strumenti analogici (sculture familiari, genogrammi fotografici, simulate, collages, ecc…), che spostando il focus dalla centralità della parola all’importanza dei linguaggi non verbali, utilizzano soprattutto la “vista”. Talvolta, però, nemmeno con tali strumenti si riesce a “rimettere in moto” il tempo.
Oggi, grazie alla ricerca in neuroscienze si sta assistendo ad una rivalutazione e riscoperta del corpo.
Le neuroscienze grazie alla loro “funzione di cerniera” tra psicologia e biologia ci dicono che:

• “Il fulcro della relazione terapeutica è costituito, in parte, da forme vitali in interazione e che “le forme vitali evocate dal terapeuta hanno la stessa funzione delle sintonizzazioni affettive rilevate tra madre e bambino” (D. Stern, 2013).
• “Risuonare alla percezione dei volti e dei gesti altrui codificandoli immediatamente in termini viscero-motori, fornisce il substrato neurale per una comprensione empatica” (Rizzolati e Sinigaglia, 2006).
• “L’intercorporeità è un accesso privilegiato al mondo dell’altro e costituisce un aspetto cruciale dell’intersoggettività” perché “quando assistiamo alle sensazioni, emozioni degli altri, l’intersoggettività ci fa riutilizzare gli stessi circuiti neuronali su cui si fondano le nostre esperienze emozionali e sensoriali” (M. Ammaniti e V. Gallese, 2014).

Intervento nella clinica


Nel corso di questi anni, abbiamo individuato alcune situazioni cliniche e determinate fasi del processo terapeutico nelle quali è risultato utile poter utilizzare modalità comunicative più arcaiche che sfruttano l'incisività emotiva del “con-tatto” dei membri della famiglia tra loro e della famiglia con il terapeuta.
La Psicoterapia Familiare Corporea si configura come lo strumento clinico privilegiato Nei casi in cui. Il blocco evolutivo che la famiglia porta in terapia, richiede, una ricerca di significati che connettano il “qui ed ora” del sintomo con il “là ed allora” della ferita. Il problema, in questi casi, è come bypassare il “blindaggio emozionale” costruito nel tempo a difesa della ferita.
In queste situazioni cliniche abbiamo sperimentato che risulta molto efficace un ciclo di tre/quattro incontri di Psicoterapia Familiare Corporea che potremmo dire di corpo a corpo con la sofferenza dove si cercherà di trattare il dolore “giocando”.
Questo ciclo di incontri è bene che venga proposto alla famiglia solo quando la famiglia è già molto bene agganciata ed in una fase avanzata del processo terapeutico. Lo scopo è quello di favorire uno sblocco emozionale del sistema-famiglia.
Setting
  - Uno spazio libero (può essere una stanza un po’ spaziosa e ben arieggiata)
  - Oggetti tipici della psicomotricità a valenza simbolica (corde, drappi, foulard, palle morbide e palloni di varie dimensioni, ecc…)
  - Abbigliamento comodo (tute, calzerotti, ecc…)
     - Durata: un’ora/ un’ora e mezza
  - Musica 

Referente dell'area dott.ssa Alda de Marchi.

L’EMDR è un metodo psicoterapeutico strutturato, particolarmente efficace nel trattamento di stati di stress post traumatico legati ad eventi particolari, per esempio: incidenti, lutti, malattie, comunicazioni scioccanti, divorzi, crolli economici. È consigliato nella cura di stati ossessivi e di ansia, situazioni di stress, fobie, depressioni.
È un approccio psicoterapeutico interattivo e standardizzato, che ha come base teorica il modello AIP (Adaptive Information Processing) che affronta i ricordi non elaborati che possono dare origine a molte disfunzioni.
Questi sintomi possono essere l'esito di situazioni particolarmente traumatiche non affrontate o poco elaborate, che rimangono immagazzinate in modo disfunzionale e possono influire nello stato di adattamento alla normale vita lavorativa ed ambientale.
L'EMDR è una metodica che permette di lavorare specificatamente sulle situazioni post traumatiche e sui disturbi ad esse correlati, considerandone le diverse componenti: cognitiva ed emotiva, comportamentale e neurofisiologica. Terapeuti dello staff clinico dell'Istituto Veneto di Terapia Familiare, esperti e formati all'utilizzo di questa specifica tecnica, seguiranno le persone attraverso un percorso di circa 10 incontri, che permetterà di far evolvere le esperienze immagazzinate disfunzionalmente in una risoluzione adattiva e meglio integrata.
In un primo colloquio verranno raccolti gli elementi di contestualizzazione del problema presentato, per valutare l’opportunità dell’applicazione dell’Emdr.
Verranno individuate le tematiche su cui è opportuno lavorare nel caso specifico, suggerendo la tempistica più adeguata.
L’EMDR può essere utilizzato come approccio psicoterapeutico a se stante oppure affiancare percorsi psicoterapeutici individuali, familiari e di coppia, dove si renda opportuno lavorare sull’elaborazione di ricordi disturbanti del passato, cosi da permettere di liberare la componente dolorosa dei ricordi, permettendo una desensibilizzazione e una rielaborazione adattiva dei ricordi, riparare le ferite e sviluppare una nuova narrazione della propria storia.